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Diplomazia Pontificia, un bilancio del 2021

Gli scenari più importanti. Gli avvicendamenti nelle nunziature. Gli interventi nel multilaterale

La Basilica di San Pietro e la bandiera della Santa Sede | La Basilica di San Pietro e la bandiera della Santa Sede | Bohumil Petrik / CNA La Basilica di San Pietro e la bandiera della Santa Sede | La Basilica di San Pietro e la bandiera della Santa Sede | Bohumil Petrik / CNA

Il 2021 non è stato un anno di particolare ricambio generazionale nelle nunziature. In totale, ci sono stati 4 nuovi nunzi, 4 si sono ritirati per anzianità, 14 sono stati trasferiti e 4 sono deceduti di cui uno in carica. Alla fine dell’anno, restano vacanti 15 nunziature. Una, quella presso l’Unione Europea, in maniera inaspettata, per la morte improvvisa per COVID del nunzio Aldo Giordano, nominato da Papa Francesco a rappresentare la Santa Sede a Bruxelles ad aprile. Le altre nunziature sono finite nel mezzo di rotazioni e di ritiri per anzianità, e non resteranno vacanti a lungo.

Diversi gli scenari di cui si è occupata la Santa Sede. Da segnalare, in particolare, la diplomazia verso i Paesi di religione ortodossa, concretizzatasi in incontri bilaterali di un certo spessore in Serbia, Russia e Grecia durante il viaggio papale dello scorso dicembre. Resta altissima l’attenzione della Santa Sede sulla Siria.

Più diradata anche l’attività nel multilaterale. Gli interventi della Santa Sede in ambito multilaterale hanno incluso diverse attività alla FAO, organizzazione su cui Papa Francesco sembra puntare molto, se non altro per l’obiettivo di sradicare la fame nel mondo.

In quest’anno, non ci sono stati nuovi accordi della Santa Sede con altre nazioni. È rimasto ancora sospeso l’Accordo Fondamentale con Israele: la trattativa si dice sempre essere in dirittura di arrivo, ma poi non termina mai.

                                                FOCUS NUNZIATURE

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I movimenti dei nunzi

Nel corso di quest’anno, sono cambiati gli Osservatori Permanenti della Santa Sede presso l’ufficio delle Nazioni Unite di Ginevra e all’UNESCO. Lo scorso anno era stato nominato un nuovo nunzio come Osservatore Permanente presso le Nazioni Unite di New York. C’è, dunque, un forte ricambio generazionale nelle nunziature dedicate al multilaterale. Nessun cambio a Vienna, dove c’è il rappresentante permanente della Santa Sede all’OSCE, mentre c’è stato un avvicendamento all’Organizzazione degli Stati Americani.

L’arcivescovo Fortunatus Nwachucku è stato chiamato al ruolo di Osservatore Permanente a Ginevra, era stato nunzio apostolico nell’Area Antille dal 2017. Ha preso il posto dell’arcivescovo Ivan Jurkovic, nominato lo scorso giugno nunzio apostolico in Canada.

L’arcivescovo Nwachukwu, già capo del Protocollo della Segreteria di Stato della Santa Sede, prende anche gli incarichi connessi a quello di osservatore all’ONU, vale a dire quello di Osservatore presso l’Organizzazione Mondiale de Commercio e rappresentante della Santa Sede presso l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni.

Cambia anche l’Osservatore della Santa Sede all’UNESCO: va in pensione monsignor Francesco Follo, a Parigi dal 2002, e al suo posto arriva monsignor Eric Soviguidi, per un incarico particolarmente delicato anche per via delle questioni relative alla protezione dei siti cristiani: la missione UNESCO in Turchia (dove a fine anno una terza chiesa è stata trasformata in moschea) e in Azerbaijan.

L’arcivescovo Luciano Russo è stato invece nominato nunzio apostolico in Uruguay, dopo appena un anno da nunzio apostolico a Panama. A Montevideo, prende il posto dell’arcivescovo Martin Krebs, che lo scorso marzo era stato chiamato a reggere la nunziatura di Berna, in Svizzera al posto dell’arcivescovo Thomas Gullickson, il quale si era dimesso al raggiungimento dei 70 anni.

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L’arcivescovo Franco Coppola è stato nominato nunzio apostolico in Belgio e successivamente in Lussemburgo, mentre l’arcivescovo messicano Emilio Fermin Sosa Rodriguez ha aggiunto all’incarico di nunzio apostolico in Papua Nuova Guinea anche quello di nunzio presso le Isole Salomone.

Avvicendamento anche in Iran, dove si era creata una situazione difficile anche per via della mancanza della concessione di un visto ad una suora missionaria a Teheran da più di 30 anni, e costretta per questo a lasciare il Paese. Il Papa ha scelto per la nunziatura di Teheran l’arcivescovo Andrzej Jozwowicz, che era precedentemente nunzio apostolico in Rwanda.

L’arcivescovo Novatus Rugambwa ha aggiunto all’incarico di nunzio apostolico in Nuova Zelanda, Fiji, Palau, Isole Marshall, Kiribati, Nauru, Tonga, Samoa e Isole Cook anche quello di “ambasciatore del Papa” presso gli Stati federati di Micronesia. A questi incarichi, il nunzio – che risiede a Wellington – assomma quello di delegato apostolico per l’Oceano Pacifico.

A febbraio, Papa Francesco ha nominato nunzio in Bahrein l’arcivescovo Martin Nugent, che già era nunzio in Kuwait a Qatar. I tre Paesi sono generalmente sotto un solo rappresentante, ma l’arrivo dell’ufficialità (che prevede l’agreament del governo locale) sulla nomina è giunto in un momento cruciale, dato che a Manama è stata appena inaugurata una cattedrale dedicata a Nostra Signora di Arabia, il sogno del vescovo missionario Camillo Ballin deceduto lo scorso anno.

La nomina di monsignor Mark Miles a nunzio in Benin, cui ha poi aggiunto quella di rappresentante del Papa in Togo, con successiva promozione ad arcivescovo, ha portato ad un cambio nell’appena costituito ufficio della Santa Sede presso l’Organizzazione degli Stati Americani (il ruolo di osservatore era generalmente appannaggio dell’Osservatore della Santa Sede presso le Nazioni Unite di New York). Subito, però, Papa Francesco ha nominato un nuovo osservatore: è monsignor Juan Antonio Cruz Serrano, l’unico nunzio di prima nomina degli “ambasciatori del Papa” nominati quest’anno.

C’è anche un nuovo nunzio apostolico in Algeria e Tunisia, ed è l’arcivescovo Kurian Mathew Vayalunkal. Si trova ad affrontare due realtà difficili, particolarmente in Algeria, dove tra l’altro si vive anche un ricambio generazionale: proprio nella settimana successiva al Natale, Papa Francesco ha nominato Jean-Paul Vesco come nuovo arcivescovo di Algeri, dando il via al ricambio dei vescovi nel Paese.

È durato solo quattro viaggi come organizzatore dei viaggi papali, monsignor Dieudonné Datonou, ma non per colpa sua: arrivato all’incarico alla fine del 2019, ha fatto in tempo a gestire il viaggio in Giappone e poi è stato fermo durante tutto il 2020 per via della pandemia. I viaggi papali sono ripresi quest’anno, con la visita del Papa in Iraq a marzo, quella in Ungheria e Slovacchia a settembre e quella in Grecia – Cipro a dicembre. In occasione del viaggio in Ungheria e Slovacchia, il Papa annunciò che Datonou era destinato ad altro incarico, e il 7 ottobre è stato nominato nunzio apostolico in Burundi.

L’arcivescovo Leopoldo Girelli era stato chiamato, dopo un solo biennio in Terrasanta, come nunzio nella difficile situazione indiana. La nunziatura di Nuova Delhi comprende anche l’incarico di nunzio in Nepal, nomina che l’arcivescovo Girelli ha ricevuto il 13 settembre.

Importante la nomina del successore dell’arcivescovo Girelli come nunzio apostolico in Israele e Cipro e delegato apostolico in Gerusalemme e Palestina: Papa Francesco ha scelto l’arcivescovo Adolfo Tito Yllana, che guidava la nunziatura di Australia.

Ad Haiti, Papa Francesco ha inviato l’arcivescovo Francisco Escalante Molina, che era precedentemente nunzio apostolico nella Repubblica del Congo e in Gabon.

L’arcivescovo Leo Boccardi è stato invece spostato da Teheran a Tokyo, a servire come nunzio della Santa Sede in Giappone.

A inizio anno, è arrivata anche la nomina dell’arcivescovo Giovanni D’Aniello come nunzio in Uzbekistan, incarico che aggiunge, come da tradizione, a quello di nunzio presso la Federazione Russa.

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Le nunziature vacanti

Come detto, sono 14 le nunziature che restano vacanti. Fermo restando l’eccezionalità della vacanza della nunziatura presso l’Unione Europea, colpisce che tra le 14 nazioni figuri anche la Giordania. Il nunzio in Iraq era anche nunzio in Giordania, ma Papa Francesco ha voluto staccare i due Paesi, dando così a ciascuno un nunzio residente.

È vacante la nunziatura presso il Venezuela, lasciata libera dall’arcivescovo Giordano, così come è vacante quella presso gli Emirati Arabi Uniti e Yemen, particolarmente cruciale per il Papa, che allo Yemen ha dedicato parole importanti anche nell’ultimo urbi et orbi e che con gli Emirati cerca di mantenere un rapporto di amicizia a partire dalla firma della Dichiarazione sulla Fraternità Umana con il grande imam di al Azhar il 4 febbraio 2019.

Importantissima la nunziatura di Kiev, che era rimasta vacante dopo la nomina dell’arcivescovo Claudio Gugerotti ad “ambasciatore del Papa a Londra: il posto è andato all’arcivescovo Visvaldas Kulbokas, lituano, che conosce bene la situazione per essere stato il responsabile del desk ucraino quando era in seconda sezione in Segreteria di Stato vaticana.

Tra le nunziature di un certo peso, resta vacante anche il Messico, lasciata dall’arcivescovo Coppola trasferito a Bruxelles e Lussemburgo, così come l’Australia. In Europa, da segnalare la necessità di nominare un nunzio in Bosnia Erzegovina, specialmente considerando le attuali tensioni nei Balcani su cui la Santa Sede offrirebbe la sua mano di mediazione. Anche Paesi Bassi e Slovacchia sono senza “ambasciatore del Papa”, perché i nunzi precedenti hanno superato il limite di età e sono andati in pensione. Antille, Panama, Congo / Gabon e Uganda sono le altre posizioni che sarà necessario riempire.

Tra gli altri nunzi che hanno superato la soglia dei 75 anni (ma un nunzio può ritirarsi anche a 70 anni), da segnalare l’arcivescovo Anselmo Guido Pecorari, che da nunzio in Bulgaria ha contribuito a rendere un successo il viaggio del Papa nel Paese nel 2019; l’arcivescovo Michael August Blume, che è nunzio in Ungheria: la loro rinuncia è stata accettata il 31 dicembre 2021, lasciando vacanti le sedi di Sofia e Budapest

I nunzi verso la pensione

Il Cardinale Mario Zenari, nunzio apostolico in Siria, ha superato i 75 anni di età, e così l’arcivescovo Chrisophe Pierre, nunzio negli Stati Uniti. Prima o poi dovranno andare in pensione, ma per ora il Papa sembra non volersi privare delle loro abilità nei Paesi in cui si trovano.

Anche l’arcivescovo George Kucherry, nunzio apostolico in Bangladesh, ha superato gli anni della pensione.

                                                FOCUS INTERNAZIONALE

Le questioni più importanti dell’anno internazionale della Santa Sede

Per l’undicesimo anno di fila, la Siria ha aperto la lista delle situazioni internazionali più a rischio dell’urbi et orbi di Natale. Un triste record, sottolineato in una intervista dal Cardinale Mario Zenari, nunzio apostolico. Quest’anno, l’attenzione della Santa Sede è diventata ancora più concreta con il viaggio del Cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, come inviato speciale del Papa nel Paese.

Il Nicaragua non è stato menzionato nell’urbi et orbi di Natale, ma rientra tra i continenti americani in cui si vivono maggiori difficoltà e in cui la Chiesa è sotto attacco. Tra le novità messe sotto osservazione, la decisione del governo che il decano del Corpo Diplomatico non sia il nunzio apostolico, una consuetudine che nasce ai tempi della Restaurazione e che è poi stata confermata dalla Convenzione di Vienna del 1961. Un segnale, certamente.

Il 2021 si è aperto con la rinuncia per raggiunti limiti di età dell’arcivescovo Tadeusz Kondrusiewicz, arcivescovo di Minsk, che era rimasto esiliato dal suo Paese fino a poco prima del Natale 2020. La rinuncia di Kondrusiewicz, la successiva nomina di un amministratore apostolico per l’arcidiocesi di Minsk prima della nomina del nuovo arcivescovo, servivano in qualche modo a distendere i rapporti tra Bielorussia e Santa Sede, laddove il presidente Lukashenko, pur lodando il Papa e invitandolo nel Paese, arrivava ad auspicare una gerarchia cattolica solo di nazionalità bielorussa.

Ora, l’arcivescovo Ante Jozic, arrivato da nunzio nel Paese, si deve districare in una situazione ancora più difficile, a causa anche della situazione al confine bielorusso - polacco e bielorusso – lituano. Sia Polonia che Lituania accusano la Bielorussia di una guerra ibrida fatta attraverso i migranti, portati al confine. L’arcivescovo Jozic ha chiesto di agire con decisione e rapidità per trovare soluzioni e salvare vite umane, ed ha anche recentemente incontrato il viceministro degli Esteri, in una conversazione ad ampio raggio durante la quale si è affrontata anche la questione dei migranti.

Quello della guerra ibrida sarà un tema centrale per la diplomazia pontificia del prossimo anno, tanto più che si parla di guerra ibrida anche riguardo la situazione dell’Ucraina. Papa Francesco ha fatto un appello sull’Ucraina all’Angelus prima di Natale, e poi un appello durante l’urbi et orbi del 25 dicembre, mostrando preoccupazione per l’ammassamento di truppe russe al confine. La diplomazia russa, d’altro canto, è al lavoro, e il presidente Vladimir Putin ha colto l’occasione del compleanno del Papa per anticipare la telefonata che Papa Francesco avrebbe voluto fargli proprio per parlare della questione ucraina. Si parla già di un viaggio del Papa a Kiev, che potrebbe avvenire a maggio, mentre a settembre Papa Francesco dovrebbe essere in Kazakhstan, per l’incontro dei Leader delle Religioni Mondiali, dove è possibile (anzi probabile) un secondo incontro con il Patriarca ortodosso di Mosca Kirill.

Chi ha già incontrato Kirill è l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, “ministro degli Esteri vaticano”, che è stato in viaggio in Russia dal 9 al 10 novembre, con vari incontri bilaterali a segnalare come entrambe le parti giudichino i rapporti prioritari e importanti.

A fine novembre, l’arcivescovo Gallagher era stato anche in viaggio in Serbia, per un altro bilaterale particolarmente importante che ha ribadito la vicinanza tra i due Paesi e anche la speranza di un viaggio di Papa Francesco nel Paese. Mentre i buoni rapporti con il mondo ortodosso sono segnalati anche dai molteplici contatti con la Grecia, sfociati in un bilaterale durante il viaggio di Papa Francesco ad Atene. La Grecia ha chiesto alla Santa Sede di mettersi alla guida di una cabina di regia nei Balcani, e si starebbe ora studiando come effettivamente mettere insieme questi incontri.

Che l’area balcanica è di particolare interesse per la Santa Sede è testimoniato anche dalla presenza del Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, al Bled Strategic Forum in Slovenia lo scorso settembre, per partecipare a un dibattito con tutti i leader di governo dell’area balcanica e centro europea. Da segnalare anche le celebrazioni per i 30 anni di relazioni diplomatiche tra Santa Sede e Albania, culminate con la visita del Primo Ministro albanese Edi Rama a Papa Francesco.

Molti i viaggi del Cardinale Parolin quest’anno: l’Ucraina – rafforzando così l’idea di un viaggio papale; la Lituania e il Messico, per ordinare nuovi nunzi; la Spagna, per parlare a un forum di politici cattolici; in Germania e Svizzera, per celebrare i cento anni di relazioni diplomatiche; in Camerun.

Tra gli scenari su cui concentrare maggiore attenzione, quello del Caucaso. La Santa Sede ha appena inaugurato la nunziatura a Erevan, in Armenia, stabilendo così una presenza diplomatica fissa nella più antica nazione cristiana, nonostante il nunzio apostolico continui a risiedere a Tbilisi e ad assommare le cariche di nunzio in Georgia e Armenia.

Armenia vuol dire anche Nagorno Karabakh, Artsakh secondo l’antico nome armeno. Dopo il conflitto che ha portato ad una pace dolorosa, l’Azerbaijan ha chiesto la mediazione della Santa Sede e anticipato che rafforzerà la sua presenza a Roma stabilendo un ambasciatore residente. Da vedere se la Santa Sede accetterà di operare da mediatore, e quale posizione prenderà. Da una parte, c’è un rapporto con l’Azerbaijan di lunga durata e rafforzato anche dalle donazioni che la fondazione della moglie del presidente azero fa alla Santa Sede per il restauro delle catacombe. Dall’altro, il rapporto privilegiato con la prima nazione cristiana, e soprattutto la preoccupazione per i luoghi di culto cristiani. Diversi gli incontri in Vaticano sul tema, e va segnalato che la delegazione del catholicos armeno Karekin II ha portato, lo scorso ottobre, anche l’ombudsman dei diritti umani Tatoyan per dimostrare e documentare gli abusi azeri post-conflitto.

Dopo il viaggio in Iraq, Papa Francesco ha continuato a tenere gli occhi puntati sulla regione, e ad aprile, un mese dopo il viaggio, ha mandato anche una lettera di sostegno al Cardinale Rapphael Sako, patriarca dei Caldei.

Incredibile, invece, il silenzio sulla Cina. Dopo il rinnovo dell’accordo per la nomina dei vescovi, a parte qualche sporadica nuova nomina, sembra che la Santa Sede abbia deciso di tenere un profilo bassissimo sulla questione cinese. Taiwan, da parte sua, si mostra molto attiva in ambito umanitario e culturale, mostrando una vicinanza con la Santa Sede senza pari.

La Santa Sede continua a guardare con attenzione in Myanmar, e Papa Francesco ha menzionato la nazione nell’urbi et orbi. C’è, anche in quel campo, una certa prudenza da parte della diplomazia della Santa Sede.

                                                FOCUS MULTILATERALE

La Santa Sede alle Nazioni Unite di New York

Alle Nazioni Unite si è tornati ad avere incontri personali, ma in molti casi gli interventi sono stati ancora in videoconferenza. Si è confermata, comunque, la vicinanza con il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, cui è stato conferito il premio Path to Peace alla annuale serata di gala organizzata per raccoglier fondi per la missione della Santa Sede presso le Nazioni Unite.

La Santa Sede ha lo status di Osservatore Permanente presso le Nazioni Unit dal 1964. Non ha mai voluto lo status di Stato membro, nonostante questo fosse stato offerto più volte, per mantenere la propria libertà, evitare di votare (o non votare, che sarebbe comunque una presa di posizione) nelle risoluzioni sotto il Capo 7 della Carta ONU, che riguarda le dichiarazioni di guerra, e rimanere libera da qualunque politicizzazione.

Quest’anno, la Missione dell’Osservatore Permanente delle Nazioni Unite ha tenuto 50 interventi: sono 11 più di quelli del 2020, ma ancora molti meno degli 85 del 2019. Quasi tutti sono stati pronunciati dall’arcivescovo Gabriele Caccia, osservatore permanente, o dai suoi collaboratori. In un caso è intervenuto il Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano (lo scorso anno, erano stati 3 i suoi interventi), mentre l’arcivescovo Paul Richard Gallagher è intervenuto 7 volte.

La Santa Sede alle Nazioni Unite di Ginevra

La missione di Ginevra ha lavorato per metà dell’anno senza nunzio, e ha visto anche un rimpasto sostanziale dei suoi ranghi interni. Tuttavia, è rimasta una missione di importanza centrale, perché non dedicata solo alle Nazioni Unite, ma anche all’UNCTAD, l’agenzia ONU per il Commercio; ma anche all’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, tema cruciale per Papa Francesco; e al WIPO, l’Organizzazione Internazionale per la Proprietà Intellettuale dove si gioca la partita difficilissima dei brevetti dei vaccini.

Nel corso dell’anno, la missione di Ginevra ha tenuto 27 interventi, contro i 41 dello scorso anno. Uno di questi è stato pronunciato dal Cardinale Michael Czerny, sottosegretario della Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Integrale, di cui ha assunto l’interim da inizio anno. Di questi 27 interventi, 1 è stato pronunciato al Consiglio dell’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni, 2 all’UNCTAD, 2 alla World Trade Organization e 1 all’UNHCR, l’agenzia ONU per i rifugiati.

La missione della Santa Sede a Vienna

La missione della Santa Sede a Vienna è casa del Rappresentante Permanente della Santa Sede presso l’Organizzazione per la Cooperazione e la Sicurezza in Europa (OSCE), che la Santa Sede contribuì a fondare partecipando attivamente ai negoziati per il trattato di Helsinki nel 1975 e facendo includere in questo trattato il tema della libertà religiosa.

Questi è anche il rappresentante della Santa Sede verso l’AIEA, l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, di cui la Santa Sede è Paese fondatore.

Durante l’anno, l’Osservatore della Santa Sede, monsignor Janusz Urbanczyk, ha tenuto 28 interventi, sei in più dell’anno passato, a testimonianza della crescente importanza dell’organizzazione.

La Missione della Santa Sede alla FAO

Due, in particolare, le iniziative della Santa Sede alla FAO nel corso dell’anno: la conferenza “Eradicating Child Labour, Building a Better Future”, del 19 novembre; e la partecipazione all’incontro globale della FAO sull’eliminazione del lavoro minorile in agricoltura, cui è intervenuto anche Papa Francesco. Il Papa ha inviato anche un messaggio al Forum Mondiale sull’Alimentazione, così come al pre-vertice delle Nazioni Unite sui sistemi alimentari e alla 42esima sessione dell’assemblea della FAO.

A maggio La Segreteria di Stato della Santa Sede, la Missione Permanente della Santa Sede presso la FAO, l’IFAD e il PAM, il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale e la Commissione Vaticana COVID-19 hanno proposto promuovono una serie di tre webinar dal titolo Cibo per la Vita, Giustizia Alimentare, Cibo per Tutti.

È il segnale di un interesse molto alto della Santa Sede per le agenzie alimentari delle Nazioni Unite. Papa Francesco le ha visitate tutte: è statto due volte alla FAO (nel 2014 e 2017), una al Programma Alimentare Mondiale (nel 2016), e una all’IFAD (nel 2019).

Osservatore Permanente alla FAO e alle altre agenzie delle Nazioni Unite per l’Agricoltura e l’Alimentazione è monsignor Fernando Chica Arellano, che non manca di sottolineare il problema della fame del mondo in diversi articoli per l’Osservatore Romano.

La rappresentanza della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa

La Santa Sede coopera con il Consiglio d’Europa dal 1962, e dal 7 marzo 1970 diventato Stato Osservatore. Al 2014, la Santa Sede aveva ratificato 6 convenzioni del Consiglio d’Europa e partecipato a diversi accordi parziali, sia come Stato membro che come Stato Osservatore.

La missione della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa a Strasburgo ha lo scopo di intrattenere un dialogo costruttivo con i 47 Paesi membri del Consiglio e i 5 Paesi osservatori, allo scopo di appoggiare tutte le iniziative che puntino a costruire una società democratica fondata sul rispetto della dignità dell’essere umano.

Tra le attività della missione della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa, quello di fare da trait d’union con MONEYVAL, il Comitato che valuta la trasparenza finanziaria dei Paesi che decidono di sottoporsi alla sua valutazioni. La Santa Sede è entrata nel processo MONEYVAL dal 2011, facendo una serie di progressi nell’attività finanziaria che sono stati certificati anche nell’ultimo rapporto sui progressi del dicembre 2017. L’ultimo rapporto MONEYVAL è stato pubblicato ad aprile 2021.

La missione della Santa Sede all’UNESCO

Sembra essere più silenziosa, la missione della Santa Sede all’UNESCO, l’agenzia ONU per la cultura. E durante quest’anno non sono stati diffusi interventi presso le assemblee dell’organizzazione, che vengono distribuiti con parsimonia.

Di certo, la Santa Sede ha seguito con particolare attenzione l’invio di una missione UNESCO in Turchia per verificare il cambiamento di status di Santa Sofia, così come il fallimento della missione UNESCO in Nagorno Karabakh, che ha visto l’opposizione degli azeri.

Uno dei grandi successi diplomatici è stata la decisione dell’organizzazione di celebrare quattro personaggi cristiani nel prossimo biennio. Si tratta di Santa Teresa di Lisieux, di cui nel 2023 si celebrare il 150esimo della nascita; di Gregor Mendel, il padre della genetica, monaco, di cui si ricorderanno i 200 anni dalla nascita; e Copernico, di cui ricorre il 550esimo dalla nascita; e di Nerses il grande, il monaco armeno detto “il grazioso”, ricorre l’850esimo dalla morte.

Dal 2002, la missione era retta da monsignor Francesco Follo. Nuovo osservatore è stato nominato monsignor Eric Soviguidi, chiamato a portare avanti questo lavoro di cucitura.

L’Osservatore della Santa Sede all’Organizzazione Mondiale del Turismo

In pochi sanno che la Santa Sede ha un Osservatore anche all’organizzazione mondiale del Turismo. Dal 1988, si sono succeduti 6 osservatori, e l’ultimo, ancora in carica, è monsignor Maurizio Bravi, nominato nel 2016.

Lo scorso 11 settembre, monsignor Bravi è intervenuto alla firma del Protocollo di intesa fra le Romee Maggiori: Francigena, Romea Germanica e Romea Strata. In quell’occasione, monsignor Bravi ha sottolineato sottolineando il valore degli itinerari culturali europei, titolo di cui già si fregiano la Francigena e la Romea Germanica, mentre è in via di definizione per la Romea Strata. “Il primo itinerario ad essere certificato – aveva detto monsignor Bravi – fu il Cammino di Santiago. L’obiettivo degli itinerari certificati dal Consiglio d’Europa è promuovere quei valori che guidano la sua azione politica e che ne costituiscono l’identità (diritti dell’uomo, democrazia, stato di diritto, dialogo interculturale). Tra questi valori si situa anche l’espressione religiosa, in particolare quella cristiana, che ha impregnato nei secoli la storia dell’Europa” .

                                    FOCUS NOTIZIE DELLA SETTIMANA

Hilarion diplomazia ecumenica

Dopo l’incontro con Papa Francesco, il metropolita Hilarion, a capo delle relazioni estere del Patriarcato di Mosca, ha parlato in un programma tv russo, chiamato “La Chiesa e il Mondo”. Parlando di un eventuale secondo incontro tra Papa Francesco e il Patriarca Kirill, il metropolita ha detto che “questo incontro è in preparazione. Quando tutti i dettagli sulla data e il luogo dell’incontro saranno coordinati, faremo un annuncio. Ma è troppo presto per parlarne”.

Ricordando il primo incontro tra il Papa e il Patriarca, all’aeroporto dell’Avana nel febbraio 2016, Hilarion lo ha definito un “incontro fraterno” che è durato due ore, ma durante il quale “non si è fatta alcuna menzione di una possibile riconciliazione o di un riavvicinamento”, sebbene molti sospettino che “delle negoziazioni segrete siano in corso”.

La Serbia denuncia degli attacchi contro delle Chiese ortodosse in Kosovo

Il governo serbo ha denunciato una crescita degli attacchi contro le chiese ortodosse nella provincia autonoma di Kosovo e Metojia: nel corso del 2021, gli attacchi sono stati venti.

L’ultimo episodio, definito dal direttore dell’ufficio governativo Petar Petkovic come una azione “folle e vergognosa”, è stata la profanazione delle tombe nel cimitero del villaggio di Kisnica, adiacente al monastero di Gracanica, nel distretto di Pristina.

Petkovic ha anche denunciato una inazione delle autorità kosovare sulla questione.

Il 17 febbraio 2008, il Kosovo si è unilateralmente dichiarato indipendente dalla Serbia. Il Kosovo conta 1,8 milioni di abitanti, l’88 per cento di origine albanese e il 92 per cento musulmani, mentre i cittadini serbi sono solo un sei per cento della popolazione.

Il Kosovo non è stato riconosciuto da Belgrado, e – sebbene formalmente sia considerata una provincia della Repubblica di Serbia – il Kosovo è retto da un governo imposto dalle Nazioni Unite secondo la risoluzione 1244 del Consiglio di Sicurezza.

Il 7 dicembre, Josep Borell, Alto Rappresentante dell’Unione Europea per la Politica Estera, ha chiesto alle autorità kosovare di rispettare gli accordi sui diritti degli abitanti di nazionalità serba e le competenze locali laddove questi costituiscono maggioranza.

Da Papa Francesco, il vicepresidente del Montenegro

Al baciamano dell’udienza del 29 dicembre, Papa Francesco ha ricevuto anche Dirtan Abazovic, vice Primo Ministro del Montenegro. Secondo Abazovic, l’incontro rappresenta “un messaggio molto importante per il nostro paese, che è multiculturale: a noi piace promuovere internazionalmente l'immagine di uno stato moderno, filoeuropeo e vogliamo dimostrare a tutto il resto del mondo che il nostro popolo, il nuovo spirito politico che noi rappresentiamo, vuole che il Montenegro cooperi con tutti gli stati, senza distinzioni".

Abazovic ha anche detto che "il Montenegro è un Paese speciale per Papa Francesco perché la persona che lo ha avvicinato al vescovato, in Argentina, era un religioso montenegrino, che peraltro non era mai stato nel suo paese di origine. Il Papa realizzerà forse il suo ultimo desiderio" con una sua visita.

La visita di Papa Francesco in Montenegro sembrava prevista nel 2020, in un giro “ecumenico” che avrebbe compreso Grecia e Cipro. Dopo la pandemia, l’idea di un viaggio in Montenegro non è ancora stata riportata in agenda.